Costituzionalmente parlando, le nuove elezioni potranno essere indette soltanto a partire dal 29 dicembre. Ma il dado, ormai, sembra tratto. In Svezia si voterà – per la seconda volta nel giro di pochissimi mesi – il 22 marzo prossimo.
Qualche giorno fa avevamo parlato della probabilissima crisi che avrebbe colpito, da lì a qualche ora, il Governo svedese presieduto dal socialdemocratico Stefan Löfven. La questione riguardava essenzialmente l’approvazione della Finanziaria per l’anno 2015: se il partito di estrema destra, Sverigedemokraterna, avesse votato per la proposta della coalizione di centrodestra Alliansen, rompendo di fatto la prassi dell’astensione, la situazione per il neo Primo Ministro sarebbe diventata alquanto delicata.
Così è successo. I tentativi di compromesso tra Governo e i partiti di Alliansen non hanno dato il frutto sperato da Löfven. Questi ultimi avevano a disposizione tre alternative:
- a) votare la proposta di budget del Governo;
- b) accettare di rimandare il voto e cercare – insieme ai partiti di Governo – di smussare il documento a proprio vantaggio;
- c) rifiutare qualsiasi apertura e votare – come da prassi – la propria proposta di budget.
Dall’altro lato del tavolo, Stefan Löfven ha fatto leva su due punti:
- a) se Alliansen avesse votato a favore del documento del Governo (magari con qualche modifica), la crisi sarebbe potuta – momentaneamente – rientrare;
- b) se Alliansen avesse votato contro il Governo, avrebbe implicitamente dichiarato di accettare e subire il gioco imposto da Sverigedemokraterna. Un gioco estremamente influente e pericoloso, votato spregiudicatamente all’attacco.
Alliansen ha scelto di non rispondere alla richiesta d’aiuto del Primo Ministro. In Parlamento si è votata la Finanziaria dell’opposizione (che rimarrà in vigore a prescindere dal colore del nuovo futuro governo) e Löfven ha optato per l’indizione di nuove elezioni.
La sensazione di chi scrive è che un po’ tutti i partiti – vista la precaria situazione di instabilità politica uscita dalle urne di settembre scorso – non siano poi così tanto dispiaciuti dal tornare alle urne dopo così pochi mesi (a proposito, in Svezia non si registravano elezioni anticipate dal 1958!). E un po’ tutti sembrano mossi dalla convinzione/illusione di poter vincere la nuova tornata o migliorare il proprio risultato di settembre.
Da questo punto di vista, i partiti al Governo (Socialdemocratici e i verdi di Miljöpartiet) contano sul fatto che il loro budget (mirato a finanziare il welfare) fosse un’ottima manovra di crescita. Essi metteranno a punto la strategia elettorale su alcuni elementi:
- a) la combutta a destra. Il budget è stato affossato da Alliansen e Sverigedemokraterna, in implicito accordo e collaborazione. Detto altrimenti: agli occhi dell’opinione pubblica, si cercherà di avvicinare il più possibile i partiti di Alliansen a quello dei “cattivi”, Sverigedemokraterna.
- b) il gesto di responsabilità. Si farà in modo che la bocciatura del proprio budget e l’indizione delle nuove elezioni vengano visti come elementi di forza e di coerenza. Lo scopo delle nuove elezioni è quello di garantire al Paese un Governo più stabile del precedente, in modo che i “cattivi” Sverigedemokrater non possano più occupare (o occupare di meno) la posizione di ago della bilancia nella politica svedese.
- c) le contraddizioni di Sverigedemokraterna. Alcuni punti dell’ideologia e del programma del partito di estrema destra non giustificano – anzi, sono in aperto disaccordo – con la votazione a favore del budget di Alliansen. Il centrosinistra cercherà di mettere in risalto queste contraddizioni, sapendo che dall’altra parte ci sarà una certa difficoltà a difendere fatti oggettivi.
Alliansen, dal canto suo, risponderà probabilmente con le stesse armi:
- a) troppa sinistra. La presenza nel Governo del partito dei Verdi e l’appoggio esterno del Partito della Sinistra (Vänsterpartiet), ha – secondo Alliansen – spostato il baricentro della politica socialdemocratica verso sinistra. Il tentativo dei quattro partiti all’opposizione sarà quello di etichettare – in modo più o meno velato – il Partito Socialdemocratico come partito in sintonia con l’estrema sinistra, e quindi pericoloso.
- b) il gesto di responsabilità. Accettando di non collaborare in nessuna maniera con il Governo di centrosinistra, Alliansen farà in modo che la coerenza dimostrata venga considerata un’arma di difesa dei propri valori e dei propri elettori. Per la coalizione sarà leggermente più complicato difendersi dall’accusa di collaborazionismo (benché indiretto) con Sverigedemokraterna.
- c) la stabilità. Un altro elemento di cui Alliansen potrà servirsi nella campagna elettorale potrebbe essere il richiamo alla stabilità: interna, della coalizione; esterna, gli otto anni di governo conclusisi lo scorso settembre. Aspetto, questo, abbastanza oggettivo e in contrasto con la situazione un po’ più instabile lasciata intravvedere dai partiti al governo.
Sverigedemokraterna. Sono loro che hanno voluto, cercato ed ottenuto la precaria situazione di questi giorni. Sono loro che – forse più di tutti – hanno la convinzione di portare a casa un risultato ancora migliore di quello ottenuto lo scorso settembre. La minaccia di bloccare i lavori parlamentari e di non approvare alcuna manovra finanziaria (a prescindere dal colore del Governo) se non venisse attuata la propria politica anti-immigrazione, è un nodo cruciale dal quale dipendono tutti gli equilibri della politica svedese attuale e futura. Il partito di Jimmie Åkesson dovrà però considerare:
- a) l’effetto boomerang. Non è assolutamente detto che la strategia adottata dal partito in questi ultimi giorni ripagherà in termini di seggi alle elezioni della prossima primavera. Molti elettori del partito provengono, prevalentemente, dalle file di Moderaterna (il principale partito della coalizione di centrodestra Alliansen), ed è lì che – per ipotesi – potrebbero tornare. Far propria e muovere una certa politica è – evidentemente – un elemento accettato e di successo relativo per il partito; ma “giocare” con la politica, prendersi gioco delle prassi, far cadere un governo e aumentare l’instabilità, potrebbe far pentire numerosi elettori. O forse no: difficile dire quello che accadrà, ovviamente.
- b) la contraddizione. Come detto anche in precedenza, inevitabilmente alcuni elettori si accorgeranno che le promesse fatte in campagna elettorale poco si conciliavano con l’azione condotta dal Partito in certe occasioni (non ultima, ovviamente, la votazione del budget di Alliansen). Vero è che il populismo è solito premiare in termini percentuali, ma la serietà della politica passa anche per altre cose.
In ogni caso, i mesi che seguiranno saranno tempestosi. L’incertezza che regnava la scorsa estate sarà il lietmotiv della nuova campagna elettorale, questa volta in veste invernale. La sensazione è che le prossime elezioni possano diventare a tutti gli effetti una sorta di referendum popolare sulla manovra finanziaria che ha appena fatto implodere Governo e Parlamento: i vari documenti presentati dalle coalizioni saranno insieme una sorta di programmi/manifesti elettorali e delle potenziali armi di difesa nei confronti degli avversari.
Il rischio è comunque uno e soltanto uno: il nulla di fatto. Sia che vinca nuovamente il centrosinistra, sia che torni al governo il centrodestra, la questione principale riguarda il ruolo di Sverigedemokraterna: la stabilità dell’intera politica ed economia svedesi è inderogabilmente e direttamente proporzionale alla debolezza del partito neofascista. In caso di una sua ulteriore crescita, vedremo se e chi – tra i due blocchi tradizionali – si farà carico della responsabilità di trattare e (caso estremo) collaborare con esso.
Tutti sono già al lavoro. I rosso-verdi cercheranno di reagire alla sconfitta e mettere sul tavolo – oltre che alle buone intenzioni – il poco o nulla che sono riusciti a totalizzare in soli due mesi di governo. Alliansen si metterà in regola a breve: Moderaterna, il partito principale della coalizione, sarà chiamato a proporre un candidato a Primo Ministro. Ma prima deve risolvere la questione – tutta interna – della nomina del proprio portavoce (segretario). Le due cose, probabilmente, coincideranno nella persona di Anna Kinberg Batra.