Mancano ormai davvero pochi giorni alle elezioni politiche ed amministrative in Svezia. C’è, comprensibilmente, una particolare tensione nell’aria: riusciranno Fredrik Reinfeldt e la sua coalizione “Alliansen” a conservare la poltrona da Primo Ministro e il governo del Paese? Oppure si assisterà, dopo otto anni di centrodestra, ad una nuova virata verso sinistra?

I sondaggi, soprattutto negli ultimi giorni, non riescono a dare una immagine chiara della situazione. Se – sino a qualche settimana fa – la vittoria dell’attuale opposizione capeggiata dal Partito Socialdemocratico di Stefan Löfven non era minimamente in discussione, le ultime rilevazioni hanno mostrato un significativo recupero della coalizione al governo. In particolare, sembra che siano i partiti più piccoli della stessa coalizione (Folkpartiet, Centerpartiet e Kristdemokraterna), a guidare questa inaspettata rimonta.
Probabilmente tali partiti hanno avuto dalla loro il minore carico di potere e responsabilità negli anni di governo, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso. O forse hanno avuto un migliore approccio con l’attuale campagna elettorale: più orientata a tematiche come – ad esempio – scuola e ambiente, piuttosto che a questioni macroeconomiche. Difficile da dire.
Ciò che è più semplice constatare è che per il partito più grande della coalizione, i Moderati del Primo Ministro Fredrik Reinfeldt, le cose sono andate in modo diverso. Artefice di una campagna di basso profilo, il partito non ha potuto utilizzare gli stessi toni e promettere le stesse politiche delle precedenti due tornate elettorali.
Un atteggiamento, questo, che probabilmente nasconde il punto più debole della politica di Reinfeldt. Lo stesso punto che ha costituito, per lungo tempo, la sua incontrastata forza: la riduzione della tassazione e le liberalizzazioni, da sempre volano della strategia dei Moderati e del governo, non possono più costituire il lietmotiv dell’azione politica. Se a ciò si sommano alcune importanti questioni/contraddizioni come, ad esempio, gli alti tassi di disoccupazione (soprattutto giovanile), la credibilità del partito non può che uscirne indebolita.
Se il colore del governo svedese cambierà, sarà principalmente perché le idee e la retorica dei Moderati – dopo l’impetuoso sviluppo degli ultimi dieci anni – non sono più riuscite a sintonizzarsi con la pancia e la psicologia dell’elettorato. È come se, da parte di tanti, ci sia un rinnovato bisogno di un ritorno alla tradizione (socialdemocratica). È come se la politica di Reinfeldt, costruita utilizzando paradossalmente le stesse fondamenta di quella tradizione, abbia per il momento esaurito la sua forza motrice. Per il momento, perché l’intelligenza e la capacità politica dell’attuale Primo Ministro potranno essere determinanti in ogni frangente.

Il Partito Socialdemocratico, dal canto suo, proponendo una ricetta decisamente in sintonia con la propria storia e ideologia, non si discosta dalla tradizione: aumento della tassazione, welfare, assistenza e Stato. Una ricetta in sé per nulla rivoluzionaria, per nulla nuova, poco in grado di fare breccia su nuovi elettori o sugli indecisi. Una ricetta che – un po’ in contrasto con la parola “futuro” utilizzata come slogan dal partito – sa un bel po’ di passato.
Nessun trucco strategico quindi, nessun coup de théâtre: Löfven ha più volte ribadito che – in caso di vittoria – la direzione che prenderà la Svezia nei prossimi quattro anni si conosce già molto bene.
La sua affermazione, però, ha una lacuna. Se i dati dei sondaggi si confermeranno alle elezioni, la possibilità che venga composto un governo di coalizione tra Socialdemocratici e i verdi di Miljöpartiet è enorme. Ma se i risultati registreranno un calo nei confronti del Partito Socialdemocratico e magari un incremento nei confronti di Vänsterpartiet (il Partito della Sinistra), gli scenari potrebbero allora riservare delle novità assolute nella storia politica svedese del dopoguerra: un esecutivo formato da Socialdemocratici, Verdi e Sinistra. Una direzione incognita per tutti, in primis per Löfven, viste alcune sostanziali discrepanze tra i partiti di una coalizione che – almeno sulla carta – ancora non esiste (a differenza di Alliansen, coalizione tutto sommato compatta e ben rodata).
Comunque vadano le cose, i veri vincitori delle elezioni rischiano di essere Sverigedemokraterna di Jimmi Åkesson, i quali difficilmente verranno coinvolti nelle alleanze, ma che potranno svolgere un ruolo determinante all’interno di un Parlamento estremamente instabile. Parlamento che diventerebbe ancora più instabile se Feministiskt Initiativ, l’altro partito outsider, raggiungesse la soglia ed entrasse nel Riksdag svedese. Per quanto riguarda i due blocchi principali, invece, saranno Centerpartiet della giovane e determinata Anni Lööf (per il centrodestra) e Miljöpartiet della coppia Romson/Fridolin (per il centrosinistra) ad aumentare la rispettiva influenza all’interno dei propri blocchi e non solo. Miljöpartiet, tra l’altro, sarà molto probabilmente chiamato a svolgere un ruolo di primo piano nella politica comunale di Stoccolma.
Non resta che aspettare i risultati di domenica sera.